Può esserci bellezza in politica?

Può esserci bellezza in politica?

Anche mentre dormiamo, il dolore che non riesce a dimenticare cade goccia a goccia sul nostro cuore fino a quando, pur nella nostra disperazione e persino contro la nostra volontà la saggezza prevale attraverso la grazia di Dio”
Questa citazione da Eschilo fu riportata a memoria da Robert F. Kennedy ai funerali di Martin L. King. Allora gli uomini politici avevano ancora una cultura classica.
Robert F. Kennedy fu ucciso il 6 giugno 1968. A distanza di 52 anni la sua eredità politica è quanto mai viva, perché laddove il pensiero politico si prende veramente cura della realtà umana, difendendola da ingiustizie e brutture e dandogli un ampio respiro creativo sul futuro, come nel suo discorso sul PIL del 18 marzo 1968,  là l’ideale politico può  incarnarsi e divenire riconoscibile, nella sua bellezza autentica, propria dello Spirito, e diffondere, senza confini, a moltitudini di coscienze.

Quel pensiero politico innovatore, interrotto dalla violenza, non ha più trovato mani capaci di metterlo umilmente a dimora nel solco fecondo della storia. Ora è decisivo farlo, perché il tema della qualità del PIL, dello sviluppo umano, è ineludibile.

La capacità di assicurare il futuro del pianeta e delle nuove generazioni, la sopravvivenza delle specie vegetali e animali, dipende, alla fine, dall’intensità dei valori che permeano le nostre coscienze. Da esse occorre ripartire per assumere degnamente responsabilità di governo, sapendo che sbagliare costa sofferenza, soprattutto ai più deboli.

Cosa é bene per l’uomo?

Cosa é bene per l’uomo?

Se si strappa all’uomo la promessa della Vita, quella vigorosa promessa di esserci autenticamente, in libertà, dinanzi al mistero della vita, che rimane? Niente altro che un dimenticare, giorno per giorno, il proprio nome, dietro una peste nera che porta ad identificarci con un sacco di pelle a nove buchi, dimenticandoci, per l’appunto,  che siamo qui con il fine di seppellirlo quel sacco, sotto una coltre di buona e fertile terra, per farci radice e germoglio di nuova vita.

Sono – afferma Seneca – le necessità alle quali siamo vincolati a determinare ciò che siamo.
Se viene meno la necessità spirituale, il desiderio di conoscere Dio, che resta?
“Non sarebbe valsa la pena di nascere. Che motivo c’era, infatti, perchè mi rallegrassi di essere stato posto nel novero dei viventi? Per rimpinzare questo corpo cagionevole e languido … per passare la vita al servizio di un malato? Per aver paura della morte, per la quale soltanto nasciamo? Togli questo bene inestimabile, e la vita non vale il sudore e l’affanno che mi costa” (Lettere a Lucilio,Libro I , I fuochi celesti).

Quel bene comune, al quale sembriamo disposti a sacrificare le libertà dei singoli, é anche bene per l’uomo? Cosa é bene per l’uomo?
C’è un bene fisico e un bene morale – direbbe Kant – e “il modo di pensare l’unificazione tra il benessere e la virtù nelle relazioni con altri é l’umanità” e ancora “il fine del tutto contenga in sé le condizioni dei fini delle parti”. Solo dalla cooperazione tra individui con pari diritti e dignità può venire la soluzione all’infelicità dell’uomo. E le malattie sono solo una parte del tema della sofferenza umana. Non sarà la sola ragione a rendere sicure le nostre vite.
Un equilibrio ottimale basato su un gioco a vincere – non cooperativo (l’equilibrio di Nash) , sconta il limite per il quale, pur cercando di evitare il peggio, e fare il meglio per sé e per gli altri, si resta ancorati al dualismo del vincere o perdere, piuttosto che della condivisione del bene.
E’ tutta qui la radice inestirpata delle guerre, della segregazione, dell’ingiustizia sociale, del dominio sulle creature. La volontà di dominio.

A cosa ispirarsi invece? Alla semplice logica del rispetto reciproco, della gentilezza, direbbe il Dalai Lama, dell’amore, acconsentirebbe infine lo stesso Nash.
Incamminarsi verso questo tipo di orizzonte é impossibile con le misure dettate dalla paura di morire, richiede invece il prendersi cura interamente dell’altro, rispettandone l’integrità, la dignità, la libertà, i suoi fondamentali diritti.
Non c’è Vita per chi teme di perderla. E una società terrorizzata da malattie e morte, può essere solamente fuggita, abbandonata al suo destino. Bisognerà scegliere da quale parte stare.

Se può consolare, il Salmo 37 chiude con il versetto 37 in questo modo:
“Osserva l’uomo integro
e guarda l’uomo retto:
sì, c’è futuro per l’uomo di pace”.

Quattro domande in cerca di risposte

A cavallo del capodanno cinese 2020, si è verificato un picco di mortalità per patologie respiratorie nella città cinese di Wuhan, dove vivono 11 milioni di persone. L’evento è stato gestito con relativa efficacia in Cina e in oriente, ma sta avendo una ricaduta straordinaria sul mondo occidentale.Un aspetto che non si può non cogliere riguarda il fatto che l’evento in questione, è stato accompagnato da una notevole “infodemia”, della quale riconosco essere stato afflitto anch’io.
Tra la fine di gennaio e i primi di marzo ho dedicato un numero imprecisato di ore nella lettura di articoli scientifici, segnalati da virologi d’ogni parte del mondo, apparentemente affidabili, ed ho cercato di capire quali nuovi pericoli minacciavano la salute dell’umanità, contribuendo in tal modo ad allertare molti colleghi sul rischio di una pandemia, che è poi stata effettivamente dichiarata dall’OMS.
Tuttavia, continuando a studiare i dati emergenti ho maturato via via un convincimento, divergente da quello del mainstream, che consiste nel considerare innocente il SARS-CoV-2 dei danni che gli sono affibbiati, fino a prova contraria. E mi sono messo pertanto alla ricerca di una prova che mi faccia ricredere, ma fino ad ora ho fallito.
Ho il sospetto invece che il mondo iperconnesso nel quale viviamo, e che permette una diffusione al grande pubblico in tempo reale e senza quasi barriere, di quanto viene elaborato in ambito scientifico, sia l’ideale per la manifestazione di notizie alterate, veicolate da giornali, televisioni, social network, virologi in cerca di notorietà. La probabilità che ciò avvenga è a parer mia niente affatto trascurabile e tale da non suscitare stupore se ne dovesse risultare un allarme generalizzato, tale da alimentare e diffondere paura, se non paranoia.

La diffusione di un allarme del genere, se relativo ad una nuova malattia, non sarebbe in grado di produrre un impatto significativo sul tipo di misure adottate dai singoli governi? Tale impatto non sarebbe variabile in relazione allo stato di tranquillità, solidità e sicurezza preesistente nei diversi Stati? Nei paesi nei quali minore é il prestigio e l’indipendenza delle istituzioni scientifiche, non si realizzerebbero forse i danni maggiori?

Ma questa è solo una parte del problema. Non ci sarebbe forse anche spazio, nelle condizioni emergenziali, per attori privi di scrupoli per affermare i propri interessi? Ma essendo io più interessato all’ambito sanitario, mi sento di porre alcune domande specifiche su di esso:

Alla luce del comportamento tenuto dall’OMS:

1) Le pratiche correntemente impiegate per dare nome ad una nuova malattia infettiva, sono da considerarsi sufficientemente valide ?

2) La gestione di una emergenza sanitaria da parte della protezione civile, che preveda il conteggio quotidiano publico “in real time” dei soggetti deceduti è cosa seria o non invece un amplificatore di panico collettivo?

3) A quale pregiudizio percettivo nei confronti di COVID-19 abbiamo assistito in questi mesi nel mondo politico, nei media e nel pubblico? E quali cause lo hanno alimentato?

4) E’ stato presente, in questi mesi, nei confronti di COVID-19, un pregiudizio cognitivo in ambito scientifico?

Ecco, se ci si volesse cimentare nel cercare risposte a questo tipo di domande, con maggiore impegno della forsennata opera di scrittura di sempre nuove ordinanze e di esecuzione crescente di tamponi, avremmo forse qualche strumento in più per uscire dall’emergenza economica, politica ed antropologica nella quale oggi 23 aprile 2020, il nostro amato Paese, si trova precipitato.

Buona Festa di Liberazione.

Italicum? Solo con le preferenze.

carissimo Raffaele,
naturalmente sai quanto apprezzi Roberto Giachetti . Se ho cominciato a digiunare la domenica è stato per sostenere la sua coraggiosa battaglia per l’abolizione del porcellum. Apprezzo anche che si cerchi di approvare la legge elettorale con la più ampia condivisione possibile. E non mi scandalizza che lo si faccia con Berlusconi.
Dove sta il problema allora? Nel risultato dell’accordo, che se da un lato garantisce la governabilità, dall’altro mortifica di brutto la rappresentatività del Parlamento e lo condanna a rimanere emanazione della volontà dei capi partito, con gli eccessi, che sono tristemente sotto i nostri occhi, propri della deriva del M5S. Di fatto, mancando “il sostegno della indicazione personale dei cittadini*” persisterebbe la “ferita” alla logica della rappresentanza prevista dalla Costituzione. Di fatto i deputati non dovrebbero rispondere al popolo ma solo al proprio Segretario di partito. La parola democrazia ne risulterebbe sostanzialmente svuotata. I guasti prodotti dal porcellum diverrebbero norma. Non so se liste bloccate di più di 2-3 nomi per collegio plurinominale possano essere considerate costituzionalmente legittime. L’Italicum si può ancora cambiare al Senato, permettendo l’espressione di una sola preferenza o di una doppia preferenza di genere. Mi aspetto che accada, che Berlusconi voglia oppure no. Altrimenti la separazione della classe politica dagli interessi popolari non potrà che accrescersi nel tempo, con perdita progressiva di legittimità e spinte sempre più populistiche e distruttive. Non bastano i professionisti della politica, occorre che rappresentino parti reali di popolo. Per questo continuerò a non ritenermi soddisfatto dall’approvazione dell’Italicum.

Con affetto.
P

PS
Ho pensato che fosse bene fare una nota dallo scambio di commenti avuto con Raffaele Pizzati in merito all’Italicum.

* Sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014

La Sentenza fa altresì riferimento al termine “esiguo”. Ricordo che etimologicamente tale termine deriva dal lat. exiguus prop. pesato, misurato, esatto, preciso . Ciò significa che i nominativi della lista bloccata non debbono essere più del degli eletti nel collegio. Ripescare a livello nazionale i non eletti sarebbe temo una forzatura inaccettabile, non potendo “garantire” … “l’effettività della scelta e la libertà del voto” (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”