Ricerca

La ricerca artistica, scientifica e poetica, per dare frutti, necessita di una mente aperta, capace di esplorare e cogliere la realtà, nella sua più nascosta complessità, al fine di darne una rappresentazione, autenticamente (validamente) originale, in grado di resistere nel tempo alle prove di falsificabilità.

Dalla qual cosa si ricava che la qualità dei frutti, in tutti e tre i campi, discende comunque dalla qualità dell’autore e dei criteri utilizzati.

Luz

Meno d’un vuoto guscio di mandorla,
consumato con fede sulla pietra,
orlato e fischiante
tra i denti di un bambino.

Dove è il tuo cuore là il mio…

Dove è il tuo cuore, là
il mio resta in ascolto,
amata mia, nulla è più unico
del tuo sommesso silenzio.
Dimmi, batte ancora
il mio cuore?
Queste tremule parole
ti raggiungono?

Ovunque è mare,
sotto l’acme dell’onda
volve, sospinge

in nuove forme
impermanenti e vacue
di sola voce

di fiore in fiore di pietra in pietra…

di fiore in fiore,
di pietra in pietra,
il silenzio raccoglie
le parole dell’Eterno.

(1976)

Primordiale suono per magia venuto in me solo…

Primordiale suono
per magia venuto

in me, solo grano
di tempo racchiuso

che attraversa acqua
come acqua che scorre

e il cieco creato
attraversa, e sempre

ritorna, per un
vuoto veicolo

alla sorgente fonte

di luminosi ori

da cui per mille e più
sentieri ci perdemmo.

E va scorrendo il tempo

E dunque?

L’origine
e la fine comprende.

La strada spacca in due parti gemelle il…

La strada spacca
in due parti gemelle

il pianoro di sterpaglia dorata,

polveri bianche
in fini mulinelli.

Ridono le ragazze d’Anatolia

profumate di limoni
ridono

incendiando l’aria
con sguardi neri.

Velato, fragile e leggero
il cielo.

Nella città di Rosa/22

22. Tarda estate. Luce chiara. Diffusa.
Per la sterpaglia riarsa, sul monte,
vaga lo sguardo e sempre torna vuoto.
Ti dico la verità: sto sognando.
Che nessuno mi svegli, neppure tu,
che potresti stringermi tra le braccia
e riempirmi l’anima come un fiume.
Ché il sogno è dolce e profuma di poesia.

(1998-2001)

Nella città di Rosa/21

21. Profondamente nel presente muovo
i passi sbalorditi nel tuo ascolto,
mentre dentro di nuovo mi risorgi e
come acqua di roccia mi disseti
e gli occhi mi ricolmi di speranza.
Mai sono solo sotto il cielo vivo
e a te sempre ogni volto mi riporta.
Allegro batte il tempo le sue ore.

Nella città di Rosa/20

20. Lungo la cresta della rupe stanno
sparse tra le rocce e sotto gli alberi
le belle tombe delle lycee genti.
Il sarcofago ha per tetto una barca
rovesciata di dura pietra grigia.
Là le radici degli antichi ulivi
offrono asilo agli spiriti soli
ed a noi, in assoluto silenzio.

Nella città di Rosa/19

19. Sul sentiero battuto dalla luce
tra terra e mare l’impronta dei passi
trattiene in basso la tenda celeste.
Sotto il premuroso invito del vento
si rovesciano suoni spumeggianti.
Nell’infinita distanza di un passo
mi siedo sopra un tronco ad ascoltare
i dialoghi dei grani d’acqua e sale.

Nella città di Rosa/18

18. Forse fatica a crescere l’ortica
sull’umido muro del nostro scontento?
E non ci pesano in tasca le pietre
della dura e frigida indifferenza?
Così, labbra appiccicose di lodi
servili non fuggiamo come fiele?
Perché dunque non dovremmo trovare
nel silenzio della mente la pace?

Nella città di Rosa/17

17. Eccoti. All’improvviso ti ascolto.
Oltre questo muro l’alba si annuncia
con il becco fiorito di un passero.
Dimmi, che sta davvero succedendo?
Più volte nel sonno mi rigiravo,
la mente vanagloriosa inseguendo,
sempre dimenticando la promessa
che più della stessa vita mi è cara.
Ricordi? Tuo è il tempo che mi resta.

Nella cittè di Rosa/16

16. Ai piedi delle boscose colline
muore la notte. Dove sei tu luna?
Perché tanto dolore ci opprime?
I tuoi raggi stendi come un balsamo
e fa più lievi gli affanni nel petto,
consola con il sonno il triste vecchio
e veglia, dolce compagna notturna,
sull’incerto futuro che ci è dato.

Nella città di Rosa/15

15. E l’assenza m’inonda di domande
fresche ferite che mai guariscono,
schiumose di rinunce e desideri.
E s’abbandona il cuore desolato
all’ora che l’incarcera e disperde
tra fuggitive e lacere speranze.
Un pesante fardello son io di me
che in nessun posto più trova riposo.

Nella città di Rosa/14

14. Nella vuota nudità timore avrò
a sentirti venire più vicino,
sia pure per un fulmineo istante.
L’assenza scuote con forza il silenzio
e lo fa noce secco nell’autunno.
Cos’è un uomo perché te ne curi?
Ed ancora, che dono é questa vita
se presto ci abbandoni alla deriva?

Nella città di Rosa/13

13. Puoi crederlo? Ogni cosa finisce
e i doni ricevuti svaniscono.
Meno d’una impronta resterà di noi.
Perché altro destino ci è negato?
Potesse almeno una dolce speranza
penetrare nella cupa oscurità
che ci avvolge come naufraghi tristi
e come un faro attirarci all’approdo…

Nella città di Rosa/12

12. Dell’erba che calpesto ora mi accorgo?
E di quella che cresce il suono odo?
Ascolta, che cosa va succedendo?
Donerà questa rosa il suo profumo
oppure marcirà tra le sue spine?
All’acqua viene il passero curioso
mentre il verde lucertolo sul ventre
guizza veloce tra gli arbusti in fiore.

Nella città di Rosa/11

11. Mostrati luna, sui passi miei torna,
guarda in fondo al pozzo e cercami gli occhi.
Sono pazzi questi occhi innamorati
che guardano ogni cosa oltre la forma
in cerca del mistero che ci nutre
e fa della vita un sogno di realtà?
Oppure è il mondo una trincea di fango
già prima che ci seppellisca il tempo?

Nella città di Rosa/10

10. A te dedico il tempo che mi resta
che bruci come incenso profumato
d’erbe montane innanzi alla tua porta
e s’alzi nell’oscura notte in canto
che a te piacendo m’indichi la via
che talvolta intravedo e mi rapisce
e poi mi lascia e ancora mi richiama
all’ordine di albe senza veli.

Nella città di Rosa/9

9. E sveglio sono, fuori sotto il cielo
gravido ancora di copiosa pioggia,
incamminato sulla via petrosa.
Null’altro ho in mente che l’amato sguardo
che su di me radioso si riversa
quando mi tiene tra amorosi sensi
e fa del cuore un lesto corridore
un fiato perso sotto le lenzuola.

Nella città di Rosa/8

8. Quell’impetuoso giallo di ginestra
che su per l’erta costa si diffonde,
esplode come un canto dentro il tufo
e innalza al cielo le terrestri forme
da rinnovati slanci rianimate.
Il vostro amato e disiato volto
mia sconosciuta Signora mostrate
ché una rosa fresca  vi ho portato.

Nella città di Rosa/7

7. Quel solitario monte d’occidente
che sotto oceano assale con fragore
tra selvagge fragranze d’orchidee
e i venti uniti sferzano sul capo
m’apparve in sogno qual giardino in fiore.
Un’isola in eterna primavera
che offre al seme rigoglioso il ventre
e dà rifugio a chi naufrago giunge.

Nella città di Rosa/6

6. Sull’acqua s’ergeva la cattedrale
con possenti murate di granito
colonne scolpite a canne d’organo
sostenevano un abside di cielo
dove unico affresco era la luna.
Come sale nel vento va la mente
a posarsi su ricordi assolati.
Veniva per mare il pellegrino!

La città di Rosa/5

5. Quale demone oscuro stravolge le menti
ed arma il braccio d’audacia omicida?
Che accade? Bruciano poveri Cristi,
sui prati in fiore sta il sangue rappreso
al fuoco nero vengono le donne
con i loro bambini stretti al petto
e un pianto solo tutte le accomuna.
Per quanto… perché dura questa notte?

Nella città di Rosa / 4

4. Della grazia tua onorava il tempo
ogni foglia e stelo e canna di bambù,
che nasceva spargendo le tue lodi
in quei mattini freschi e profumati
aperti in lieti campi al nuovo sole.
Non allontanarti da me in silenzio
ché un altro inverno stringerebbe il cuore
nelle murate  e abbandonate stanze.

Nella città di Rosa / 3

3. E nel sommesso vociare dei grilli
che ai lontani lampi s’accompagna,
nel richiamo, con curioso timore,
respirando dell’oscuro cielo
un alito solo, dietro i passi tuoi
ancora sul sentiero m’incammino
e come è dolce il profumo del mondo
e che calore nel cuore diffonde.

Nella città di Rosa / 2

2. Qualunque cosa sia che piove con le 
foglie da un cielo così  bianco  e  immenso,
in questa notte incantata di luna,
infuria sulla vita  con violenza
e sotto il fango poi la seppellisce.
Qualunque cosa sia sento che viene
e fa l’anima fredda di  paura.
Null’altro che  una foglia appesa  al vento.

Nella città di Rosa /1

1. Nella città di Rosa sono giunto
al riparo della cerchia di mura
per dissetarmi alla fonte dei leoni.
Su per l’antica via dei pellegrini
al richiamo di tre belle campane
che ancora veleggiano nel cielo
fino agli alti faggi in cima al monte
sono venuto a togliermi la sete.

Sono stato a Fuente Vaqueros nella casa natia…

Sono stato a Fuente Vaqueros, nella casa natia di Federico Garcia Lorca.
E ho trovato il vecchio pozzo, i pioppi, il tabacco, la terra, le arance dolci con il baccalà cotto nel limone.
Sono stato a Fuente Vaqueros, la sua culla dondola ancora.

Benedetto il giorno di maggio che t&#039 ho…

Benedetto il giorno di maggio che t'ho incontrato
Isabelle, mia sposa.
Benedetto l'azzurro dei tuoi occhi
che porto sempre con me,
mia sola medicina,
benedetto il nome
che ti diedero i tuoi genitori
e che i bambini del deserto cantavano insieme al mio
quasi vent'anni fa,
L'avresti detto?
La dea bendata era con noi
fin dal primo sorso di meraviglia.
Giorni e giorni, anni
intessuti di fiducia,
sempre,
anche nelle tempeste.
Benedetto il tempo che resta,
che manca al risveglio.
E' ben dedicato.
Benedetto ogni istante di gioia, di pace
assaporato insieme.
Benedetti i figli che ci crescono accanto,
Possano essere nutriti nel corpo e nello spirito.
E ricordare chi loro sono.
Benedetto il cielo e l sue nuvole errabonde
che giocano con le nostre orme, inventando il futuro.
Siamo qui,
per ascoltare, in silenzio, che sta succedendo,
a noi, ai nostri cari, alla Vita che ci tiene insieme.
Possano i nostri pensieri, le nostre parole, le azioni d'ogni giorno
essere degne del nostro amore.

In un trapezio di cielo luna angelicale e…

In un trapezio di cielo luna angelicale e vento a scompigliare le chiome montane. In silenzioso dolore si piegano gli ulivi. Un grido,  un uccello. Tutto coincide, in un anello d’orizzonte. Si tace ciò che per pudore gli amori nascondono. Un andare e venire di cuori in tempesta. Forse calerà il vento? Forse un porto mi aspetta? A volte lo spero, a volte resisto. Un guscio di noce nell’oceano. Annotta.

Disserrata l’oscurita’ con inusitata bellezza l’abile coltello dell’alba…

Disserrata l’oscurita’ con inusitata bellezza, l’abile coltello dell’alba sgrana pieghe di materia, muta l’istante in luce viva, da forma al respiro del creato.
Garrule voci punteggiano la trama dell’isola con freschi svolazzi.
Colpi di vento e di luce irrompono. Lievita il bianco.
Riaffiora il senso incorporeo della pietra, nello sguardo, ora, leggera.
Passa oltre la brezza viva dell’alba. Passa oltre.
Addensano i corpi, abbandonati, monasteri petrosi attorno alla vuota essenza, all’assenza manifesta, aggrumati. L’ordinaria realta’ desiderante s’inoltra, ad occhi chiusi, sul nuovo giorno. Senza memoria.
Mentre un filo di coscienza ordisce gli atti ignoti che verranno. Cieca e’ la vista.

Mi chiedi della pioggia Non me ne ricordo…

Mi chiedi della pioggia. Non me ne ricordo.
All’antico mare, da Alicante a Istanbul, i fianchi asciutti morde il libeccio, tutta l’estate.
Abbrusta nelle notti il canto ritmato dei grilli. Sfigura il volto alle montagne fino alla nera nudità.
E le ceneri addensano nuvole amare.
Agli occhi del cielo scorrono imprecanti fiumi di lava. S’attorcono brustoli di carne, dove appiccò il fuoco la miseria. Ogni tanto cade sabbia africana. Riflessi desertici del futuro, che avvampa alla porta, trafiggono gli occhi.
Mi chiedi della pioggia. Non me ne ricordo.
Ad oriente salpano vascelli di nubi immacolate.
Con speranza le osservo venire.

Da dove vieni fratello Quale sogno ti nutre…

Da dove vieni fratello?
Quale sogno ti nutre il cuore?

Sento piangere Urlano corpi chiusi Sole prigioni

Sento piangere.
Urlano corpi chiusi.
Sole prigioni.

Canto ionico

1.

Per le prosciugate colline del sud

all’ estrema punta risale il treno

dove solo gli ulivi centenari

– nostra mediterranea memoria –

vedono nei palmi neri del cielo

il disegno luminoso dei giorni

sui quali i nostri figli s’affacciano

sollevando schiumose baraonde

2.

Sul mare d’Omero la nave turca

solcando il mezzogiorno assolato

s’azzuffa svelta con le ondose creste,

le irrequiete membra d’un vecchio dio,

lasciando gli uomini sfidarsi a carte

con beffardi sorrisi sotto i baffi

mentre un pudico velo copre il capo

alle donne raccolte tutte insieme

3.

Questo giorno ha gli occhi d’una bambina

che cerca un volto e presto si ritrae al

riparo del chiuso corpo materno

nel timore d’esser presa dal suo gioco.

L’occidente un sofferente Narciso

che non conosce il suo volto di terra

il vuoto sguardo abbandonato al nulla.

Filacciano le vesti all’arrivo.

4.

Appena un istante prima di sera

alla pensione di Omero siamo giunti

e beviamo vino sulla terrazza

seduti su bei vetusti tappeti

con la piccola Selciuk d’intorno

mentre un tranquillo cielo serale

accoglie l’arrivo delle cicogne

improvviso e sublime sulle teste

5.

Portata dall’insistente scirocco

chiama a raccolta la voce del muezzìn

che va tessendo il cielo con un filo

di preghiera che fugge dove il sole

nasce, rigogliosa di suoni dolci

come mandorle, datteri e albicocche

Questo paese ha volti silenziosi

colmi di sguardi neri dietro i veli.

Neppure i cani s’odono abbaiare.

II

6.

Nell’antica chiesetta bizantina

in quella bella e ombreggiata Priene

seduto sulla pietra ottagonale

vado dunque interrogando la storia

dei silenzi profondi e degli incanti

vado ricordando il tempo nel quale

il mare carezzava le montagne

con la sua voce perenne.

7.

Qui nel tempio d’Apollo a Didymaion

venivano a conoscere il futuro

anime pietose in cerca di cure

rincuorate da queste stesse pietre

che il sole, il vento e i passi dell’uomo

hanno reso tenere ai sentimenti

e quanto più sensibili al dolore

e accoglienti nell’ultima ora

8.

Qui nel tempio d’Apollo scrivo versi.

Non a chiedere vaticinii vengo,

già mi basta assaporare l’attimo

che mi vive, il sogno che mi nutre,

ma ad invocare la pace del cuore

l’umana pace che popoli lontani e

diversi sulla terra tiene insieme

con la forza d’un delicato sogno.

9.

Fragile, disperato desiderio

di nutrirsi fino a saziarsene

d’ogni passione anche dell’ultima

dell’insensato morire che attende.

L’ultimo sole nel tempio infiamma

le gote dei viandanti del nostro tempo

e li trova smarriti, impreparati

nell’indicibile soffio divino.

10.

Quale paura ha issato queste pietre?

Quale amore le ha tenute insieme?

Quale filo aggiunge le nostre vite

alle molte già perdute nel tempo?

Cosa dicono le sacre vergini?

Non sono cambiati santi e furfanti

in questi brevi millenni trascorsi,

perché moltiplicarne le copie?

III

11.

Un volto giovane, duro e furente

incrociammo al caffè di Mumcular

come una pietra rotolata a terra

dal fianco sbrecciolato della rocca.

Per un tempo smisurato sentimmo

crescere l’acre odore della zuffa

a volte basta un nulla per rovesciare

il tranquillo destino degli uomini.

12.

Sotto il fresco ligustro bevo caffè

e assaporo i versi di Salomone.

Dove riposa la mia Sulamita?

La vedrò fiorire tra queste mani?

Sul cancello del giardino fiorito

s’intrecciano il fico e il melograno.

L’ulivo, il pino, l’uva e il mandarino

fanno ombra all’orto verdeggiante.

13.

Tuffati nelle mie acque profonde

con un solo balzo senza timore

abbandonati a quest’aperto istante

alla mano nascosta che sostiene

al fresco abbraccio del tenace amore

che alla vuota nudità conduce

eco dell’infinito desiderio

che tutto in sé ogni volta richiama.

14.

L’agile caicchio vola sull’onda

con ali di sale spumeggianti

innanzi all’onda corre come il figlio

fa con la gonna dell’amata madre

La brezza rasserena le cicale

tesse storie per la notte che viene

fluttuazioni di suoni offerti agli dei.

Marte rosseggia solo, senza luna.

15.

La notte è chiusa in sé come uno scrigno

sigillato dalla luce di Vega

e nulla trapela dei suoi segreti

di quel mistero che ogni stella stringe

nei suoi bagliori da un perduto tempo

giunti stanotte in fuggitiva corsa

a trapassarci e a trascinarci altrove

con una nuova memoria d’amore.