I balestrucci, dapprima dispersi, si raccolgono ora in cerchi vocianti, nell’aria leggera del primo mattino.
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Cosa é bene per l’uomo?
Cosa é bene per l’uomo?
Se si strappa all’uomo la promessa della Vita, quella vigorosa promessa di esserci autenticamente, in libertà, dinanzi al mistero della vita, che rimane? Niente altro che un dimenticare, giorno per giorno, il proprio nome, dietro una peste nera che porta ad identificarci con un sacco di pelle a nove buchi, dimenticandoci, per l’appunto, che siamo qui con il fine di seppellirlo quel sacco, sotto una coltre di buona e fertile terra, per farci radice e germoglio di nuova vita.
Sono – afferma Seneca – le necessità alle quali siamo vincolati a determinare ciò che siamo.
Se viene meno la necessità spirituale, il desiderio di conoscere Dio, che resta?
“Non sarebbe valsa la pena di nascere. Che motivo c’era, infatti, perchè mi rallegrassi di essere stato posto nel novero dei viventi? Per rimpinzare questo corpo cagionevole e languido … per passare la vita al servizio di un malato? Per aver paura della morte, per la quale soltanto nasciamo? Togli questo bene inestimabile, e la vita non vale il sudore e l’affanno che mi costa” (Lettere a Lucilio,Libro I , I fuochi celesti).
Quel bene comune, al quale sembriamo disposti a sacrificare le libertà dei singoli, é anche bene per l’uomo? Cosa é bene per l’uomo?
C’è un bene fisico e un bene morale – direbbe Kant – e “il modo di pensare l’unificazione tra il benessere e la virtù nelle relazioni con altri é l’umanità” e ancora “il fine del tutto contenga in sé le condizioni dei fini delle parti”. Solo dalla cooperazione tra individui con pari diritti e dignità può venire la soluzione all’infelicità dell’uomo. E le malattie sono solo una parte del tema della sofferenza umana. Non sarà la sola ragione a rendere sicure le nostre vite.
Un equilibrio ottimale basato su un gioco a vincere – non cooperativo (l’equilibrio di Nash) , sconta il limite per il quale, pur cercando di evitare il peggio, e fare il meglio per sé e per gli altri, si resta ancorati al dualismo del vincere o perdere, piuttosto che della condivisione del bene.
E’ tutta qui la radice inestirpata delle guerre, della segregazione, dell’ingiustizia sociale, del dominio sulle creature. La volontà di dominio.
A cosa ispirarsi invece? Alla semplice logica del rispetto reciproco, della gentilezza, direbbe il Dalai Lama, dell’amore, acconsentirebbe infine lo stesso Nash.
Incamminarsi verso questo tipo di orizzonte é impossibile con le misure dettate dalla paura di morire, richiede invece il prendersi cura interamente dell’altro, rispettandone l’integrità, la dignità, la libertà, i suoi fondamentali diritti.
Non c’è Vita per chi teme di perderla. E una società terrorizzata da malattie e morte, può essere solamente fuggita, abbandonata al suo destino. Bisognerà scegliere da quale parte stare.
Se può consolare, il Salmo 37 chiude con il versetto 37 in questo modo:
“Osserva l’uomo integro
e guarda l’uomo retto:
sì, c’è futuro per l’uomo di pace”.
Quattro domande in cerca di risposte
A cavallo del capodanno cinese 2020, si è verificato un picco di mortalità per patologie respiratorie nella città cinese di Wuhan, dove vivono 11 milioni di persone. L’evento è stato gestito con relativa efficacia in Cina e in oriente, ma sta avendo una ricaduta straordinaria sul mondo occidentale.Un aspetto che non si può non cogliere riguarda il fatto che l’evento in questione, è stato accompagnato da una notevole “infodemia”, della quale riconosco essere stato afflitto anch’io.
Tra la fine di gennaio e i primi di marzo ho dedicato un numero imprecisato di ore nella lettura di articoli scientifici, segnalati da virologi d’ogni parte del mondo, apparentemente affidabili, ed ho cercato di capire quali nuovi pericoli minacciavano la salute dell’umanità, contribuendo in tal modo ad allertare molti colleghi sul rischio di una pandemia, che è poi stata effettivamente dichiarata dall’OMS.
Tuttavia, continuando a studiare i dati emergenti ho maturato via via un convincimento, divergente da quello del mainstream, che consiste nel considerare innocente il SARS-CoV-2 dei danni che gli sono affibbiati, fino a prova contraria. E mi sono messo pertanto alla ricerca di una prova che mi faccia ricredere, ma fino ad ora ho fallito.
Ho il sospetto invece che il mondo iperconnesso nel quale viviamo, e che permette una diffusione al grande pubblico in tempo reale e senza quasi barriere, di quanto viene elaborato in ambito scientifico, sia l’ideale per la manifestazione di notizie alterate, veicolate da giornali, televisioni, social network, virologi in cerca di notorietà. La probabilità che ciò avvenga è a parer mia niente affatto trascurabile e tale da non suscitare stupore se ne dovesse risultare un allarme generalizzato, tale da alimentare e diffondere paura, se non paranoia.
La diffusione di un allarme del genere, se relativo ad una nuova malattia, non sarebbe in grado di produrre un impatto significativo sul tipo di misure adottate dai singoli governi? Tale impatto non sarebbe variabile in relazione allo stato di tranquillità, solidità e sicurezza preesistente nei diversi Stati? Nei paesi nei quali minore é il prestigio e l’indipendenza delle istituzioni scientifiche, non si realizzerebbero forse i danni maggiori?
Ma questa è solo una parte del problema. Non ci sarebbe forse anche spazio, nelle condizioni emergenziali, per attori privi di scrupoli per affermare i propri interessi? Ma essendo io più interessato all’ambito sanitario, mi sento di porre alcune domande specifiche su di esso:
Alla luce del comportamento tenuto dall’OMS:
1) Le pratiche correntemente impiegate per dare nome ad una nuova malattia infettiva, sono da considerarsi sufficientemente valide ?
2) La gestione di una emergenza sanitaria da parte della protezione civile, che preveda il conteggio quotidiano publico “in real time” dei soggetti deceduti è cosa seria o non invece un amplificatore di panico collettivo?
3) A quale pregiudizio percettivo nei confronti di COVID-19 abbiamo assistito in questi mesi nel mondo politico, nei media e nel pubblico? E quali cause lo hanno alimentato?
4) E’ stato presente, in questi mesi, nei confronti di COVID-19, un pregiudizio cognitivo in ambito scientifico?
Ecco, se ci si volesse cimentare nel cercare risposte a questo tipo di domande, con maggiore impegno della forsennata opera di scrittura di sempre nuove ordinanze e di esecuzione crescente di tamponi, avremmo forse qualche strumento in più per uscire dall’emergenza economica, politica ed antropologica nella quale oggi 23 aprile 2020, il nostro amato Paese, si trova precipitato.
Buona Festa di Liberazione.
Reattività
Reattività
La mente reagisce, inconsapevolmente, a qualcosa che la ferisce, o l’opprime, o la minaccia, o semplicemente che è tale da provocare un moto di disagio, di orgoglio, un atto di comparazione.
La reattività si manifesta secondo modalità conosciute e ripetitive, al fine di proteggere l’ego, la sua immagine o proiezione spazio-temporale.
L’interazione, con un soggetto esterno o con le proprie formazioni mentali, viene a caratterizzarsi da una forte rigidità nella gestione del confine, da un timore di invasione e/o sottomissione. In ogni caso, rapidamente, l’organismo si arma in difesa dello spazio psico-fisico e reagisce, cellularmente, emozionalmente, con voce e gesti, pronto alla battaglia. La minaccia alla propria integrità è per lo più figurata, simbolica, immaginaria, irreale, eppure sufficiente a scatenare una reazione psico-fisica, che va al di là dell’utile e del necessario. La reattività si avvale di una riduzione della capacità di autocontrollo (di misura della risposta), dal momento che il flusso di dati sensoriali, percettivi ed emozionali, non risulta adeguatamente processato in tempo reale, oppure è distorto sulla base di inquinanti mentali, quali avversione, attaccamento e confusione. Il risultato è un agire, in termini di pensiero, parola ed opera, in modo non ragionato, in preda ad un sentire alterato ed egocentrato, chiuso alle ragioni dell’altro ed in contrasto con il proprio bene. La reazione monta e si esprime fin tanto che è energeticamente sostenuta dall’emozione e da un pensiero ricorsivo, che fatica a sottoporsi a critica e a dissolvere.
Nel momento in cui l’emozione o il sentimento, che ne è all’origine, viene vista (dalla mente consapevole), essa svanisce.
MEDICINA NATURALE PERSONALIZZATA Il corpo umano uno spazio…
MEDICINA NATURALE PERSONALIZZATA
Il corpo umano, uno spazio animato in evoluzione, può essere immaginato come un sistema complesso di molti networks (cognitivo, emozionale, comportamentale, neuronale, cellulare, genetico, ormonale, metabolico, molecolare) intrecciati e interagenti tra loro e con l’ambiente, in continua trasformazione e adattamento, in modo unico, uniforme e universale, dunque personale. Negli esseri umani, come in altri organismi, la maggior parte dei componenti cellulari esercitano le loro funzioni attraverso le interazioni con altri componenti cellulari. La totalità di queste interazioni rappresenta l’interattoma umano. La potenziale complessità di questa rete è scoraggiante, i componenti cellulari distinti che servono come nodi dell’interattoma può facilmente superare il numero di centomila. Buona parte delle malattie che colpiscono il genere umano coinvolgono un largo numero di geni ed una ampia varietà di componenti biologici, che interagiscono attraverso network complessi sulla base di dinamiche spazio-temporali non lineari. Lo sviluppo delle malattie può essere analizzato come il risultato di un network di eventi interrelati di molteplici networks (Barabasi, 2007). Malattie complesse come i tumori originano da alterazioni di combinazioni differenti di networks e si manifestano come distinti sottotipi, in particolari organi. Danni al DNA a livello delle sequenze di basi, del cromosoma e dell’ epigenoma sono una causa fondamentale delle malattie cronico-degenerative. Le malattie complesse presentano dunque la necessità di vedere indirizzati, sul piano della cura, una molteplicità di target. La medicina naturale personalizzata, proprio perchè consiste in un trattamento medico multicomponente e multitarget, può rappresentare, in particolare per la prevenzione e la cura delle malattie croniche, uno strumento valido ed efficace, da confezionare su misura delle caratteristiche individuali di ogni paziente. Essa poggia su una comprensione globale del profilo multidimensionale dell’individuo, in grado di rappresentarlo diagnosticamente e sull’impiego di rimedi naturali, quali le piante medicinali e la sana nutrizione, le pratiche di meditazione, il movimento consapevole, l’esercizio delle arti, l’ascolto musicale, l’agopuntura e la digitopressione, il contatto con la natura. Una possibile sfida consisterà nel cercare di identificare per ogni individuo la combinazione di micronutrienti e loro dosi (nutrioma) in grado di ottimizzare la stabilità del genoma e la riparazione del DNA ( Fenech, 2010). E’ mia opinione che via via che si renderà possibile procedere, con computer quantici, ad un’analisi di un numero imponente di dati fisiologici e patologici, monitorati in tempo reale, quale la complessità della realtà della natura impone, l’evidenza dei benefici e dei danni legati ai diversi approcci terapeutici potrà essere confrontata più pienamente e la medicina naturale personalizzata manifesterà le sue buone ragioni, scientificamente sostenute da evidenze crescenti, e guarderemo alle pratiche mediche correnti come a strumenti semplicistici e grossolani.
C’è ancora un po’ di sole e lunghe…
C’è ancora un po’ di sole e lunghe ombre di melograno.
L ‘orologio della torre, che sovrasta il battistero, a Vatopedi segna l’ora prima.
[28.04.2015]
sulla coscienza
La coscienza può essere definita come “un flusso di dati di sintesi” riferibile a miliardi di input che l’organismo acquisisce ed elabora nel corso del tempo, in relazione alle molteplici variazioni delle funzioni vitali che interessano l’ambiente interiore ed esteriore, psichico e fisico, dell’individuo. Tali dati, che affluiscono in continuum, sono elaborati e condotti a sintesi (nel tronco encefalico?) dopo integrazione con le funzioni corticali cognitive ed immaginative, proiettate sullo schermo della mente e quindi memorizzate. E’ possibile una coscienza artificiale? Se la coscienza fosse unicamente una modalità di trattamento di dati materiali e immateriali (una sorta di sistema operativo), dalla quale emerga come esito una mappa cangiante del complesso stato di esistenza in vita individuale, al netto delle interrelazioni con il restante universo vivente, si potrebbe essere tentati dal rispondere si, potrebbe essere. Ma quali sono le basi ontologiche della coscienza umana? Come conoscerle e riprodurle? Non basta, temo, l’intero corredo di sensazioni, emozioni, percezioni e sentimenti per produrre una coscienza umana.Il risultato non potrebbe che essere un sottoprodotto scadente, una copia opaca e smorta, in quanto priva dell’imprinting “misterico” che non si presta a disvelamento. Preferisco raffigurami la coscienza come una bussola in grado di indicare la rotta verso la sopravvivenza propria e della specie, che muove verso l’istante che viene un soggetto fiducioso e ben motivato. E così facendo, muove un insieme di mondi intorno a sé.
Giornata fresca e ventosa Ancora animato dal maestrale…
Giornata fresca e ventosa. Ancora animato dal maestrale, il mare ha un ampio e biancastro respiro, dal timbro robusto. Scendo a comprare La Stampa. Per via s’ incontrano poche e indaffarate persone , dal volto comunque disteso. Buoni propositi di studio e lavoro per questi giorni in tema di complessita’ & salute. Dinanzi alla naturale bellezza del luogo, anche i paesaggi mentali si dispongono in bell’ordine, e risuonano di suggestive impressioni. Mi riprometto di restare sveglio, e godermi il film, nei suoi molteplici livelli di attenzione.
Non immagino santi infelici Ci sono criminali felici
Non immagino santi infelici.
Ci sono criminali felici?
spazi animati quaternioni danzanti in nuovi cieli
spazi animati
quaternioni danzanti
in nuovi cieli.
in ordine va sul ponte di fotoni tra…
in ordine va
sul ponte di fotoni
tra zero ed uno
SPAZI ANIMATI IN CONTINUO DIVENIRE In cosa la…
SPAZI ANIMATI IN CONTINUO DIVENIRE
In cosa la salute dei pesci, dei cavalli e degli umani differisce? Come non mai la complessa natura del vivente si mostra oggi allo sguardo della scienza. Tradizione e innovazione si ritrovano a dialogare sullo stesso piano. Si parlano con codici finalmente comprensibili, si sostengono nel comune sforzo di dare senso a quella montagna di informazione che quotidianamente si raccoglie, di fiore in fiore, negli alveari della scienza. Come un’ape mi muove il piacere di assaporare l’inebriante dolcezza della moltitudine di molecole (informative) che diffondono nell’ambiente culturale del nostro tempo. Misterioso come ogni altro tempo. Così vado raccogliendo gli sparsi frammenti di questo dialogo ininterrotto per farne coerenti strumenti di consapevolezza. Ho ben presente che questi miei sforzi sono poca cosa dinanzi alla complessità della materia, eppure trovo ineludibile l’impegno a portare il mio granello di idee nel mandala universale. Nei molti anni di studio, meditazione e pratica ho maturato la convinzione che occorra liberamente ricercare le parole più adeguate a descrivere rigorosamente “salute e malattia”, senza scorciatoie deterministiche. Una epistemologia della complessità ha bisogno di uno sguardo limpido, capace di vedere insieme le cellule e il disegno che le sostiene. Spazi animati in continuo divenire. Sapremo esserlo coscientemente?
l’haiku è un’equazione poetica
l’haiku è un’equazione poetica
29 maggio 2011 Materiale e immateriale L'organismo vivente…
[29 maggio 2011] MATERIALE E IMMATERIALE.
L’organismo vivente è un sistema biologico, caratterizzato da energia strutturata in evoluzione, dotato di capacità introspettive e interattive, in continuo adattamento con l’ambiente (eco-sociale), in funzione delle sollecitazioni di natura chimico-fisiche-biologiche e psico-sociali nelle quali è immerso nel corso del tempo. L’interazione avviene nell’ambito delle diverse “dimensioni” del sistema. L’essere vivente è un sistema organico dunque straordinariamente complesso, costituito da livelli funzionali “materiali” ed “immateriali”. Intendendo per materiali gli elementi costitutivi che gli provengono dall’ambiente nonché le strutture cellulari e sovracellulari, il corredo genetico e le reazioni biochimiche, mentre per immateriali sono da intendersi le relazioni psicosociali, le reazioni emozionali, le funzioni cognitive e i sentimenti. A fare da cerniera (interfaccia) tra i due campi dimensionali (materiale e immateriale) sta l’impalpabile livello “bioenergetico” che costituisce la moneta circolante di scambio tra i due sottosistemi, il veicolo di organizzazione e trasmissione dell’informazione sottile che sottointende, ordina e sostiene il sistema vivente. Ad ogni livello corrisponde un insieme di funzioni. Ciascuna funzione costituisce un’ordinata sequenza di informazione orientata ad un compito fisiologico e si avvale, per la sua espressione (epigenetica) di una interazione continua e regolatoria con le altre funzioni dei differenti livelli e con l’ambiente esterno. Dall’armonica espressione delle molteplici funzioni discende un soggettivo e verificabile stato di salute. La medicina, attraverso la ricerca, l’osservazione e l’analisi dei segni e dei sintomi che originano dai diversi livelli, vuoi per la sensibilità del medico vuoi per la sensibilità di sofisticate strumentazioni tecnologiche, tenta di definire un quadro diagnostico che sia il più vicino possibile al processo in atto. I dati propri delle strutture cellulari, nonché i parametri biochimici (fisiologici e patologici) misurabili nei mezzi biologici, come pure gli schemi somatosensoriali, comportamentali e cognitivi, in un prossimo futuro potranno essere analizzati su dimensioni quantitative inimmaginabili ai nostri giorni, e consentire una visione ad alta definizione del sistema vivente nel suo processo dinamico, con la possibilità di testare in tempo reale l’efficacia di ogni intervento terapeutico. Per muoversi in tale direzione la ricerca biomedica necessita di un “modello multidimensionale” plausibile e duttile, in grado di evolvere in ragione delle evidenze che andranno accumulandosi ed al tempo stesso adeguato a restituire a medici e pazienti un utile impiego delle conoscenze ai fini del mantenimento, recupero e sviluppo della salute.
Ho avuto modo di visitare gratis per di…
Ho avuto modo di visitare (gratis per di più) la bella mostra "Il Potere e la Grazia. I Santi patroni d’Europa", che accoglie tra l’altro, in un confronto più unico che raro, quattro dipinti (di Tiziano, Andrea del Sarto, Caravaggio e Leonardo), raffiguranti San Giovanni Battista. Si tratta di opere esemplari per la loro molteplicità di rappresentazione della risposta dell’uomo al divino. Il Battista adolescente di Caravaggio e Andrea del Sarto, nonchè il roccioso vecchio del Tiziano, svaniscono dinanzi all’ineffabile, giovane sorriso leonardesco, che emerge dall’oscurità circostante carico di luce e di pace. Una mano sul cuore, l’altra protesa ad indicare con l’indice un sovrannaturale oltre la realtà apparente, incorniciata nei fisici confini della tela. Il Battista di Leonardo, forse il suo ultimo dipinto, sembra ammaestrarci profeticamente sulla via da seguire. Pare suggerirci di metterci in ascolto, in serenità e fiducia, nelle profondità del cuore (del Sè), del divino mistero dell’uomo, che l’oscurità rischiara. La mostra, articolata in dieci sezioni, si chiude con le seguenti parole, che sottoscrivo interamente: "si tratta di riconoscere la dignità della persona umana,nella cui coscienza nasce in libertà e secondo ragione la risposta dell’uomo a Dio, che nessun potere può indurre e impedire". In questa assoluta libertà umana, di scegliere la via del ritorno o dell’abbandono, germoglia la creazione artistica, fiorisce la santità, si edifica il potere.
Occorre mettere a dimora nuove idee in primo…
Occorre mettere a dimora nuove idee, in primo luogo sulle questioni ambientali ed energetiche, quindi sul rispetto dei diritti e doveri dell’uomo, poi sul consumo responsabile delle risorse non rinnovabili. La nostra generazione ha urgenza di adoperarsi affinchè il pianeta che lasceremo ai nostri figli non sia irreversibilmente inquinato, malato, stanco del genere umano. In particolare sarebbe bene che i nostri rifiuti fossero il più possibile naturali, o almeno biodegradabili in tempi eco-compatibili. Osservo le belle cime degli Appennini e mi chiedo: che sarà di loro tra qualche millennio? Che sarà degli argentei pioppi, delle robustose querce? Avremo ancora, a portata d’uomo, le antiche conoscenze che ci hanno permesso di svilupparci fin qui? Saremo in grado di aiutare il pianeta a sopravvivere? Tutto è possibile. Dipende da noi e da come i nostri figli continueranno l’opera.
Il temuto spazio vuoto
Dispersione dell’identità, perdita dell’esame di realtà, incapacità a tollerare l’angoscia e mancanza di controllo delle proprie azioni e del proprio linguaggio: tale (dis)organizzazione psichica (psicosi) trova ragione nel bisogno di combattere con tutti i mezzi la paura del “vuoto” e della “morte”. Il soggetto creativo, di fronte all’esperienza dello spazio vuoto che trova in sè, come nell’universo, agisce invece liberando la mente da inutili giudizi (ed echi distorcenti) e concentrandosi su un punto di orientamento ben chiaro e distante da Sé, al fine di tracciare la rotta e continuare l’esplorazione di sè e del mondo, godendo della bellezza del creato. Afferma J. Welwood (1991) “il temuto spazio vuoto è un vuoto fertile, germogliatore. Esplorarlo è una svolta decisiva verso il cambiamento terapeutico”. Ora, l’esplorazione dello “spazio vuoto” è tema affascinante, complesso e da maneggiare con cautela, come ben sanno gli orientali. Il rischio più grande è quello di precipitarci dentro, l’opportunità più favorevole è invece quella d’incamminarsi per la “via rupta” , per il “sentiero aperto”, da dove diviene possibile indovinare orizzonti, osservare i girasoli, ascoltare i canti e le grida e la gioiosa campana.
L&rsquo atto di tornare e ritornare con lo…
L’atto di tornare e ritornare con lo sguardo sull’altro, fa sì che lo si possa riconoscere per quello che è: un essere vivente come noi, degno di attenzione e rispetto. Nell’atto di guardare l’altro, con occhi nuovi, non discriminatori, sta la possibilità di fare spazio all’ascolto, alla comprensione e allo scambio reciproco e cresce anche la possibilità di trovare in noi stessi i segni della nostra umanità. Il dolore, la gioia, la tristezza, la fragilità e la speranza che incontriamo fuori di noi trovano altresì un vulnerabile spazio interiore, così che non c’è più separazione tra il prendersi cura del nostro simile e di noi stessi. Il rispetto di sé, come dell’altro accrescono poi il grado di umanesimo e fanno della vita sociale un’esperienza solidale preziosa, da difendere sempre. Il Presidente Obama colpisce dritto al cuore perchè vede la realtà umana del suo paese, la racconta con rispetto e promette di prendersene cura responsabilmente. La condivisione del rispetto è infine il frutto più saporito, che può essere esportato ed è un richiamo religioso alla responsabilità comune nei confronti della vita. Ed è per questo anche che il tentativo di Obama merita rispetto e sostegno.
Naturalmente vorremmo che i nostri figli non soffrissero…
Naturalmente vorremmo che i nostri figli non soffrissero, che potessero avere la capacità di accedere al mistero della felicità adoperandoci con pazienza e rispetto per spingerli lontano dalle fonti di sofferenza, con mille accorgimenti più o meno abili, ruvidi o sottili. Dimenticando che la forza autentica cresce esattamente nell’esperienza personale del dolore. Nella capacità che ognuno ha di rialzarsi dopo una caduta e di sviluppare, nonostante tutto, le sue motivazioni profonde, condividendo umanità e vulnerabilità con i suoi simili. A ben vedere il mistero dell’altro si rivela unicamente dinanzi all’umiltà, ad uno sguardo aperto, non giudicante, che sa stare, con amore, semplicemente con quel che c’è, privo di aspettative ed apprensioni.
Provare ansia è divenire prigionieri d’una confusione oppressiva…
Provare ansia è divenire prigionieri d’una confusione oppressiva, dell’esasperazione del bisogno di esplorare, d’un ricercare che non trova appagamento. Tale irrequietezza mentale è figlia del desiderio di possedere il risultato della ricerca, intellettuale o materiale che sia, di mettere un punto sicuro ai propri assilli. Vuotare la mente è la cura.
Un buon modo di cominciare è portare attenzione, ad ogni passo, al contatto del piede con la terra, oppure al singolo respiro, così da concentrare l’attività mentale nell’osservazione nuda e cruda delle sensazioni corporee, lasciando cadere ogni proliferazione mentale. Una mente svuotata resta con quel che c’è, senza ansia.
Leggo da un dispaccio di agenzia che il…
Leggo da un dispaccio di agenzia che il sindaco di Trieste ha firmato un’ordinanza simile a quella dI Firenze sui lavavetri, ma che rende valide le stesse misure anche per i mendicanti e i venditori abusivi. Chi offre di più? Premesso che sono del tutto favorevole all’affermazione della legalità in ogni piega della società, mi chiedo se non assisteremo piuttosto ad una sorta di caccia a chi soffre di più, per pavoneggiarsi a sceriffi dinanzi agli elettori. Il tema della sicurezza è serissimo, ed è necessario affrontarlo con competenza ed efficacia, ma facciamo in modo da coniugarlo con l’impegno a dare risposte sane a chi vive nel bisogno, nella sofferenza e nella povertà.