Non so se un virus può essere considerato una forma di vita o solo materiale genetico in cerca di una cellula da infettare (informare?). Neppure so se avesse ragione Mark Twain nell’affermare che se non leggi i giornali non sei informato, ma se li leggi sei male informato. Avendo promesso a me stesso di prendermi cura della vita mi ritorovo a cercare di confutare la tesi che sia l’ex novel -CoV la causa della rovina del mondo e non la scelta insana di bloccare tutto. C’è un’altra narrazione possibile, che, se fosse adottata, potrebbe tirarci fuori dai guai. Ed é la narrazione che ritiene il Sars CoV-2 solo uno dei trilioni di virus in natura, alla quale l’umanità ha la sorte di trovarsi esposta, e che è possibile convivere con esso, come con gli altri, senza iper reagire, evitando di cercarne l’impossibile sterminio (troppo evoluti e veloci, per noi, i virus), senza temerne una non dimostrata, terrifica potenza.
Usciamo dunque da una logica di guerra, tanto semplificata quanto rozza e ascientifica e, di grazia, accediamo ad un confronto leggermente più elevato, sul piano delle scienze biologiche, sociali ed umane, tale da prendere in considerazione la complessità della Realtà e dei modelli dinamici che la compongono e scompongono, giorno dopo giorno. Ad oggi, non solo non risulta dimostrata una particolare letalità del virus (negli animali e nell’uomo), ma va affiorando la possibilità che la cura proposta sia assai peggiore della malattia, che sempre é da intendersi come una perturbazione di sani equilibri, capace di evolvere nella demolizione delle funzioni fisiologiche e cito-architettoniche del sistema complesso adattativo che è un organismo, per non parlare di un “essere” vivente. Se ogni malattia é un frutto amaro di interazioni multifattoriali (meglio, multidimensionale, all’interno del singolo individuo), non basta di sicuro la scoperta di un nuovo sospetto agente patogeno per definire, con dignità di causa, una nuova patologia. Su tale punto mi aspetto che la WHO definisca quanto prima, e fondatamente, le caratteristiche di questa mal nominata (nuova?) malattia.
Oltre al virus, come sempre, secondo il modello bio-psico-sociale tutt’ora riconosciuto, hanno un peso assai determinante le difese dell’individuo, l’umore, la qualità dell’alimentazione, dell’aria e dell’acqua, la possibilità di godere di passeggiate all’aria aperta nella natura, l’espressione artistica, l’ascolto della musica, le buone relazioni umane, il godimento o la privazione degli affetti più cari, il sostegno della comunità, la qualità della cura, la preghiera. Tutti elementi, a ben vedere che le politiche del lockdown deprimono, riducono, cancellano, insieme ai diritti fondamentali dell’uomo. Ce n’è abbastanza per accedere al Tribunale Internazionale e, per chi ha fatto il giuramento di Ippocrate, per esprimersi pubblicamente in favore del ritorno alla normalità, all’aria aperta, agli affetti familiari. Meglio, dovremmo considerarla una prescrizione medica, l’ordine di un Medico. Qualcosa in contrario da parte del Comitato Scientifico del Governo?
