Necessità o costrizione C’è differenza tra le due…

Necessità o costrizione?
C’è differenza tra le due parole.
Necessario è ciò su cui non si può cedere (ne cessis), ciò a cui non si può rinunciare, pena il non essere. Riguarda la soddisfazione dei bisogni primari, la fisiologia, l’espressione umana, il gioco, il sonno, i sentimenti.
La parola costrizione (stringe insieme)rimanda invece alla perdita della libertà, all’agire senza volontà, in asservimento, dipendenza, conformismo.
Fare ciò che è necessario fa bene, è fonte di benessere personale, sociale e spirituale.
Agire in costrizione comporta invece alienazione, sofferenza, perdita di sè.
Il male non è mai necessario, il bene lo è sempre.

Quanto più è libero dalla costrizione tanto più…

Quanto più è libero dalla costrizione, tanto più l’essere umano è in grado di avere percezione di sè e del creato.
E quanto più s’accosta alla conoscenza della realtà, tanto più è segnato dallo stupore e più desidera di essere presente e partecipe, di operare con umanità e in armonia con la bellezza del disegno che lo trascende.
Ma come questo disegno si rivela? In che modo esso ci attira a sè? Attraverso la bellezza, semplicemente. Attraverso di essa si realizza quella linea di forza attrattiva che ci permette di risuonare dalle radici.
Così il regno della libertà si manifesta.

Ogni forma è universale in quanto manifestazione della…

Ogni forma è universale, in quanto manifestazione della natura; uniforme, in quanto vivente; ed unica, irripetibile, per il senso ed il destino che essa racchiude.
Dall’universale al particolare la vita s’individua, si dimensiona in forme distinte, danzanti nello spazio-tempo, mosse da un movimento originario più ampio, in un disegno chiaro e complesso di indicibile bellezza.
Così ogni particolare forma vivente, tu, io, non siamo che granelli mobili d’un mandala vivente e mutevole, destinato a raccontare una delle infinite storie della vita. Chiamati a parteciparvi con libertà e coscienza, attraverso i nostri atti e desideri. Per esserci, semplicemente, risuonando dalle radici.

Cos’è la forma Quale relazione intercorre tra essa…

Cos’è la forma?
Quale relazione intercorre tra essa e la vita?
Come si giustifica la sua insorgenza nello spazio-tempo?
E la sua trasformazione e dissoluzione?
La vita di continuo genera nuove forme e le nutre, come parti di sè.
Con tutta la meraviglia del caso, usa il tempo per dispiegare lo spazio in infinite variazioni. Inventa mutazioni. Regola battiti cardiaci. Solleva veli d’illusione. Muove passioni, emozioni. Solleva dolori. Apre vasti pensieri. Cesella intelligenze sottili.
Tutto questo perchè?
Forse che la vita ha bisogno di forme per esprimersi, dialogare, muovere da una parte all’altra di sè?
Costruire mappe di rinnovata meraviglia?

E’ sulla necessità della forma mi dico che…

E’ sulla necessità della forma – mi dico- che occorre esplorare, sull’unicità d’ogni vivente, sul mistero che ne sostiene il divenire. Soffia forte il meltemi.
Dopo aver strappato all’isola lo scampanellio e la voce degli armenti, il canto dei galli e l’abbaiare dei cani, ingrossa sotto le persiane socchiuse. Sbattono i legni.
Si perde l’eco d’un motore instradato verso il porto. Soffia forte il meltemi. Infuria sulle cime con l’incompresa ostinazione d’un ragazzo. In cerca di sè, qui ed ora, vive l’istante la sua eterna presenza e nutre lo spazio che insieme ad esso risuona. Che sia carne oppure pietra.

Disserrata l’oscurita’ con inusitata bellezza l’abile coltello dell’alba…

Disserrata l’oscurita’ con inusitata bellezza, l’abile coltello dell’alba sgrana pieghe di materia, muta l’istante in luce viva, da forma al respiro del creato.
Garrule voci punteggiano la trama dell’isola con freschi svolazzi.
Colpi di vento e di luce irrompono. Lievita il bianco.
Riaffiora il senso incorporeo della pietra, nello sguardo, ora, leggera.
Passa oltre la brezza viva dell’alba. Passa oltre.
Addensano i corpi, abbandonati, monasteri petrosi attorno alla vuota essenza, all’assenza manifesta, aggrumati. L’ordinaria realta’ desiderante s’inoltra, ad occhi chiusi, sul nuovo giorno. Senza memoria.
Mentre un filo di coscienza ordisce gli atti ignoti che verranno. Cieca e’ la vista.