La tramontana ora scuote e secca le foglie. Mi assorbe il carminio slavato delle mura. Rapito dal tempo, quello che manca e quello che resta, m’interrogo. Che farne? Sull’impiantito di larice si muovono passi lenti, premono sulla trama modulando una stridula voce di brigantino alla deriva. Imbarcato per sempre, alla volta di un infinito ritorno. Tra la via sacra e la nuova, incamminato, silenziosamente. Con zenzero e curcuma si strofina l’autunno, nuovamente profuma il sole di spezie, incendiandosi, sopra un cavallo al tramonto. Un barlume di luce, che difendo con il corpo, giorno dopo giorno. Quante volte è già successo?